INNO NAZIONALE

 

Il Canto degli italiani, impropriamente conosciuto anche come Fratelli d’Italia, Inno di Mameli, Canto nazionale o Inno d’Italia, è un canto risorgimentale scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847, inno nazionale de facto della Repubblica Italiana, sancito implicitamente dalla legge 23 novembre 2012 n.222, che ne prescrive la conoscenza nelle scuole, così come per gli altri simboli patri italiani. Il brano è costituito da 5 strofe e da un ritornello che viene cantato alla fine di ogni strofa.L’inno fu molto popolare durante il Risorgimento e nei decenni seguenti. Tuttavia, dopo l’unità d’Italia (1861), come inno del Regno d’Italia, fu scelta la Marcia Reale, che era il canto ufficiale di Casa Savoia. Il Canto degli italiani era infatti considerato troppo poco conservatore rispetto alla situazione politica dell’epoca: l’inno di Mameli e Novaro, di chiara connotazione repubblicana, mal si conciliava con l’esito del Risorgimento, che fu decisamente moderato e di stampo monarchico.

Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia diventò una repubblica e quindi il Canto degli italiani fu scelto, il 12 ottobre 1946, come inno nazionale provvisorio, ruolo che ha conservato anche in seguito. Nei decenni si sono susseguite varie iniziative parlamentari per renderlo inno nazionale ufficiale, ma senza che si giungesse alla promulgazione di una legge ad hoc, oppure ad una modifica costituzionale, che rendesse il Canto degli italiani inno de iure della Repubblica Italiana.

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Ascolta l’inno

 

Fratelli d’Italia…

Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell’autunno del 1847 dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Austria. L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell’unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani – e non alla Marcia Reale – il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli divenisse l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

 

 
Il poeta
Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l’anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D’ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri. Dopo l’armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena. Muore d’infezione il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino, a soli ventidue anni.
Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.
 
 
Il musicista
Michele Novaro nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò composizione e canto. Nel 1847 è a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano. Convinto liberale, offrì alla causa dell’indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine. Di indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno più famoso, neanche dopo l’Unità. Tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò una Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impegno. Morì povero, il 21 ottobre 1885, e lo scorcio della sua vita fu segnato da difficoltà finanziarie e da problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli venne eretto un monumento funebre nel cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.
INNO NAZIONALE  
Fratelli d’Italia [1]
L’Italia s’è desta
Dell’elmo di Scipio
[2]
S’è cinta la testa
[3]
Dov’è la Vittoria?
[4]
Le porga la chioma
[5]
Ché schiava di Roma
Iddio_la creò
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creòStringiamci_a coorte, [6]
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò
Stringiamci_a coorte,
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Si!Noi fummo da secoli
Calpesti, derisi
Perché noi_non siam Popolo
Perché siam divisi[7]
Raccolgaci un’unica
Bandiera una speme
[8]
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò
Uniamoci, amiamoci
L’unione e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore
Giuriamo far libero
Il suolo natio
Uniti, per Dio,[9]
Chi vincer ci può?
Stringiamci_a coorte,
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Stringiamci_a coorte,
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Si!
Dall’Alpi_a Sicilia
Dovunque è Legnano,[10]
Ogn’uom_di Ferruccio
[11]
Ha il core, la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla
[12]
Il suon_d’ogni squilla
I Vespri suonò
[13]Son giunchi che piegano
Le spade vendute[14]
Già l’aquila d’Austria
Le penne ha perdute
Il sangue d’Italia
Il sangue Polacco
[15]
Bevé col cosacco
Ma il cor le bruciò
[16]

Stringiamci_a coorte,
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò

Stringiamci_a coorte,
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò
Si!

 

 

 [1]. Il primo verso come era stato scritto da Mameli è “Evviva l’Italia”: fu cambiato da Novaro per renderlo più forte.
[2]. Scipione l’africano, vincitore di Zama, è portato ad esempio per la capacità della Roma repubblicana di riprendersi dalla sconfitta e combattere valorosamente e vittoriosamente contro il nemico.
[3]. L’elmo che l’Italia ha indossato è simbolo dell’incombente lotta contro l’oppressore austriaco.
[4]. La dea Vittoria.
[5]. Qui il poeta si riferisce all’uso antico di tagliare le chiome alle schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano invece i capelli lunghi. Dunque la Vittoria deve porgere la chioma perché le venga tagliata quale schiava di Roma sempre vittoriosa.
[6]. La coorte (cohors, cohortis) era un’unità da combattimento dell’esercito romano, decima parte di una legione. Questo riferimento militare molto forte, rafforzato poi dal richiamo alla gloria e alla potenza militare dell’antica Roma, ancora una volta chiama tutti gli uomini alle armi contro l’oppressore.
[7]. Mameli sottolinea il fatto che l’Italia, intesa come penisola italica, non è unita. All’epoca infatti (1848) era ancora divisa in sette Stati.
[8]. Speranza.
[9]. Francesismo, par Dieu, cioè da Dio o attraverso Dio: Dio è dalla parte dei popoli oppressi. Questo è uno dei (non molti) riferimenti a Dio che è possibile trovare nelle opere di Mameli.
[10]. La Battaglia di Legnano (29 maggio 1176), con cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa, qui simbolo dell’oppressione straniera.
[11]. Francesco Ferrucci, simbolo dell’Assedio di Firenze (2 agosto 1530), con cui le truppe dell’Imperatore volevano abbattere la Repubblica fiorentina per restaurare la signoria dei Medici. In questa circostanza, il Ferrucci morente venne vigliaccamente finito con una pugnalata da Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura al servizio di Carlo V. “Vile, tu uccidi un uomo morto”, furono le celebri parole d’infamia che l’eroe rivolse al suo assassino. È da notare come in seguito il nome maramaldo sia stato associato a termini quali vile, traditore, fellone.
[12]. Soprannome di Giovan Battista Perasso che il 5 dicembre 1746 diede inizio, col lancio di una pietra ad un ufficiale, alla rivolta genovese che si concluse colla scacciata degli austriaci, che da alcuni mesi occupavano la città.
[13]. I Vespri siciliani, l’insurrezione del Lunedì di Pasqua del 1282 contro i francesi estesasi a tutta la Sicilia dopo essere cominciata a Palermo, scatenata dal suono di tutte le campane della città.
[14]. Mercenari, di cui si attribuisce anacronisticamente l’uso all’Austria, non valorosi come gli eroi patriottici, bensì deboli come giunchi.
[15]. Anche la Polonia era stata invasa dall’Austria, che con l’aiuto della Russia l’aveva smembrata. Il destino della Polonia è singolarmente legato a quello dell’Italia: anche nel suo inno (Mazurca di Dabrowski) c’è un riferimento agli italiani, e dei soldati polacchi combatterono in Italia con le truppe alleate contro i tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale, partecipando anche all’assalto finale a Montecassino.
[16]. Un augurio e un presagio: il sangue dei popoli oppressi, che si solleveranno contro l’Austria, ne segnerà la fine.

 

 

 

 

Si vis pacem para bellum

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