Storia dei corsi A.U.C.

Questo articolo potrebbe iniziare così:

“C’erano una volta i Corsi AUC che la maggior parte di noi ha frequentato e dei quali conserviamo tanti ricordi più o meno piacevoli.

Io ho frequentato il 72° Corso A.U.C. della Scuola della Motorizzazione presso la Caserma Rossetti  alla Cecchignola e ricordo con nostalgia quel periodo . Di recente mi sono imbattuto in un articolo a firma di Pietro Chiofalo su AUC Net  che racconta la storia dei Corsi A.U.C.  che ritengo particolarmente interessante e pertanto lo   di riporto qui di seguito .

Storia dei Corsi A.U.C.

Gli ufficiali di complemento (CPL) erano ufficiali delle forze armate italiane (corrispondenti a quelli della Riserva di altri paesi) che, non appartenendo al personale a tempo indeterminato dei ruoli normali (RN), definiti in servizio permanente effettivo (SPE), concorrevano al completamento degli organici delle forze armate, contraendo anche obblighi di richiamo, per aggiornamento o avanzamento, e di mobilitazione oltre i limiti d’età previsti per la truppa.

Dalla sospensione (benché non abolizione) del servizio militare di leva la figura dell’ufficiale di complemento in servizio è scomparsa, con alcune eccezioni.

Due esempi:

gli ufficiali piloti di complemento (UPC)

gli ufficiali della riserva di complemento del Corpo militare volontario della Croce Rossa Italiana.

La fonte di alimentazione principale della categoria era il servizio militare obbligatorio, in quanto ogni anno (per l’Esercito ogni 3 mesi circa 1.300 posti, nel 1970-80) venivano messi a concorso posti di Ufficiali di complemento nelle tre Forze Armate italiane (e quindi anche nell’Arma dei Carabinieri, all’epoca facente parte dell’Esercito di cui era seconda, solo alla Cavalleria, Arma benemerita, sebbene già con ruoli di Polizia Militare per tutte le FF.AA.) nella Polizia di Stato e negli altri Corpi armati dello Stato, ai quali i cittadini italiani potevano aspirare per assolvere l’obbligo di leva.

Superata positivamente la visita militare, chi era in possesso di diploma superiore poteva presentare domanda per prestare servizio militare in Italia come ufficiale di complemento, previa ammissione mediante concorso pubblico ai corsi AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) e superamento dell’iter formativo.

Più rari ma non infrequenti i casi di ufficiali di complemento venuti per così dire “dalla gavetta”, promossi per merito e requisiti nel corso di un servizio militare in guerra, pur non avendo fatto sin dall’inizio domanda di ammissione al ruolo.

Queste situazioni si verificarono sin dalla prima guerra mondiale, ove cittadini di cultura superiore furono mobilitati o accorsero volontari alle armi come soldati semplici senza aspirare a nessun grado, ma, stante la penuria all’epoca di persone con buona preparazione teorica, furono avviati in modo quasi coatto ai corsi accelerati per il ruolo di quadri di complemento, con la qualifica di “aspirante” o “allievo ufficiale” a seconda delle epoche. In anni più recenti tale carriera poteva essere la normale conseguenza di rafferme quando il militare di leva aveva conseguito la promozione al grado di caporal maggiore o di sergente di complemento, e successivamente aveva frequentato corsi e superato concorsi per l’avanzamento.

Nel ventennio fascista il reclutamento degli ufficiali di complemento avveniva spesso attraverso i Battaglioni Universitari e, come pure nel secondo dopoguerra, era previsto un percorso formativo che passava dal conseguimento del grado intermedio di sergente prima di accedere a quello di sottotenente.

La durata dei corsi AUC e del conseguente periodo di servizio quale ufficiale si modificò nel tempo, soprattutto per esercito ed aeronautica.

L’interesse a rivestire il grado conobbe fasi alterne. Negli anni successivi al Sessantotto, quelli della prima contestazione studentesca, molti giovani diplomati, anche di famiglia bene, rifuggivano da un ruolo potenzialmente scomodo e impopolare, secondo una concezione delle Forze Armate e dei loro quadri quali espressioni reazionarie dei valori borghesi; insomma il servizio militare in genere, e in particolare quello da ufficiale non era più visto come un “obbligo d’onore” e/o una tradizione di famiglia, bensì come un “peso” da scaricare sulle classi meno abbienti; e se i colti e gli agiati si precludevano per scelta ideologica una posizione comunque distinta e remunerata, ancor più erano mal disposti alla mal retribuita “naja” ordinaria, che spesso scansavano con ogni mezzo lecito e meno lecito, arrivando così il paese ad avere gran parte della classe dirigente e politica che, salvo eccezioni, non aveva vissuto il servizio militare né l’esperienza di comando che il Corso ufficiali poteva rappresentare; la stessa classe dirigente che avrebbe contribuito nei decenni successivi alla sospensione della leva. Viceversa coi primi anni ottanta, vissuti all’insegna del crescente arrivismo di marca USA (yuppismo) e della maggiore realizzazione individuale, vi fu un’impennata di richieste, analoga a quella contestualmente riscontrata per tutte le formule di servizio militare alternativo (Carabinieri ausiliari, Ausiliari di Polizia, Guardia di Finanza, Vigili del fuoco) che garantivano una posizione di maggior prestigio e una retribuzione da “stipendio” (circa 300.000 lire nette mensili alla fine degli anni ’70), decisamente maggiore della diaria di 500 lire al giorno dei soldati di leva dell’epoca, di poco superiore per caporali e caporalmaggiori. Da tener presente, per comprendere il livello di povertà che negli anni ’70 era possibile fare domanda come VFP, Volontario a Ferma Prolungata (due anni) appena compiuti 16 anni di età, ricevendo la stessa risibile paga dei soldati di leva oltre a vitto e alloggio.

Con la sospensione delle chiamate al servizio militare di leva in Italia – a partire dal 1º gennaio 2005 – le funzioni sono in parte svolte dagli ufficiali in ferma prefissata o dagli ufficiali piloti di complemento, tutti obbligati a ferme determinate e comunque omologati per legge agli ufficiali di complemento delle epoche precedenti.

Gli ufficiali di complemento eventualmente in servizio conservano comunque tutt’oggi la possibilità di entrare nel servizio permanente effettivo, superando degli appositi concorsi interni, accedendo al cosiddetto ruolo speciale (RS).

Oggi nelle forze armate italiane un’aliquota di ufficiali di complemento è individuabile anche tra gli ufficiali in congedo aderenti alla Riserva di Completamento e a tutti gli appartenenti alla Riserva di Completamento Selezionata/Qualificata (al momento costituite solamente nell’ambito di Esercito e Marina).

I cittadini aventi obblighi di leva potevano presentare domanda per la selezione AUC già nel corso della prima visita di leva obbligatoria (i cosiddetti “3 giorni”), senza con ciò inficiare i rinvii del servizio militare per motivi di studio, oppure potevano presentarla al termine degli studi, nell’eventualità di aver conseguito almeno il diploma di maturità. Inoltre la domanda per il corso AUC, se accolta, implicava il rinvio della chiamata di leva; un “trucco” usato da molti che non avevano più diritto al rinvio per motivi di studio.

Ciò dava una possibilità in più a coloro che nel corso della precedente selezione non presentavano i requisiti fisici (ad esempio perché ancora nella fase di sviluppo, i cui tempi biologici differiscono molto da individuo ad individuo, in maniera ancora più evidente nei tempi in cui la maggior età, e quindi gli obblighi di leva, era stata anticipata ai 18 anni).

A quel punto si veniva convocati presso uno dei distretti con competenza interregionale alla selezione, e nel corso di altri 3 giorni si affrontavano test scritti, psico-attitudinali e una nuova visita medica (più approfondita e selettiva della precedente, ma con possibilità di ricorso presso altra struttura sanitaria militare in caso di respingimento). Nel corso delle prove veniva richiesto di indicare tre preferenze per l’Arma o specialità di destinazione.

Era espressamente vietato presentare contemporaneamente domanda di ammissione presso più Forze Armate o Corpi Armati dello Stato, ad evitare il sovrapporsi di eventuali nomine. In caso ciò si verificasse, per disinformazione o svista burocratica, veniva ritenuta nulla una delle selezioni effettuate.

In caso di ammissione al Corso Ufficiali, altre selezioni specifiche sarebbero state affrontate durante il medesimo, nell’eventualità si presentasse o si avesse precedentemente presentato domanda per una specifica Arma o Corpo o Specialità (ad es. nel caso di corsi AUC dell’Esecito si poteva presentare o rinnovare la domanda d’ammissione alla S.U. Carabinieri e/o scegliere la specialità Paracadutisti).

Il corso di istruzione fu di durata e struttura variabile a seconda dell’epoca e del tipo di Forza Armata (6 mesi per l’Esercito), e prevedeva lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche in varie materie, alcune comuni a tutti i corsi delle varie Forze Armate, Armi e specialità (addestramento formale, ordinamento e impiego, regolamenti, difesa N.B.C., topografia, movimento sul campo di battaglia, manutenzione e tiro con armi portatili e di reparto, impiego delle apparecchiature radio), altre specifiche per la Forza Armata, l’Arma e il Corpo di assegnazione, e ancor più per la specialità. La giornata di addestramento e studio era divisa in “periodi”, i testi erano definiti “sinossi” costituivano materiale riservato e venivano ritirati alla fine dell’intero corso.

L’uniforme degli allievi differiva da quella della truppa per la placchetta con la scritta AUC sulle spalline, o sui tubolari della mimetica, per un filetto dorato sull’intero orlo del colletto della drop e della diagonale (il filetto era parziale per gli Allievi Sottufficiali di Complemento), per le scarpe marroni e i guanti in pelle (anticipo dell’uniforme da Ufficiale).

Fatti salvi i casi particolari dei corsi ufficiali tenutisi nel primo conflitto, ancora nel secondo dopoguerra il corso AUC nell’Esercito era diviso in una prima fase generica comune a tutte le Armi e specialità, superata la quale si acquisiva il grado di Sergente di Complemento accedendo ad una seconda fase specialistica presso una Scuola d’Arma (vedi al paragrafo Il complemento nelle FF.AA. ed Armi).

Al termine della seconda fase, se non idonei al grado di sottotenente si veniva assegnati ad altro reparto come Sottoufficiale.

Successivamente, almeno dagli anni’70, con i corsi accorpati in un’unica fase di 6 (e successivamente di soli 5) mesi, e di soli 3 mesi per ufficiali medici e ufficiali veterinari, l’iter si modificò abolendo il periodo di primo comando quale sottufficiale. Questo in linea con il progressivo accorciamento del servizio di leva, poiché il servizio AUC non doveva durare “troppo di più ” (3 mesi) di quello di leva, per evitare che l’eccessiva durata scoraggiasse le domande.

Attorno al terzo mese di corso un’aliquota di allievi distintisi per rendimento e attitudine militare (meno del 10%) poteva fregiarsi del distintivo di allievo scelto, una V dorata sulle spalline (sorta di ibrido tra il grado di soldato scelto e sergente).

Ciò costituiva anzianità rispetto ai pari corso. Agli allievi scelti veniva spesso affidato il ruolo temporaneo di accompagnatori/ tutor degli allievi del corso giovani appena giunti alla scuola; in realtà (anni ’70) il concetto moderno di “tutor” non esisteva: gli “scelti” comandavano a tutti gli effetti gli allievi del corso seguente nelle fasi di ambientazione dei primi giorni.

Gli AUC come status e diaria erano peraltro tutti equiparati a caporal maggiori, tanto da poter rivestire sin dai primi giorni, a turno, i ruoli specifici di sergente di giornata. Ciò non li esimeva peraltro dall’obbedienza a quei graduati di truppa a cui fossero stati affiancati nel corso di servizi di guardia o altri eventi addestrativi. E col grado di caporal maggiore proseguivano presso altri reparti la naja di complessivi 12 mesi coloro che per salute o rendimento non superavano il corso.

Tuttavia ciò lasciava aperta la possibilità di meritarsi una nomina a Sergente di complemento all’atto del congedo.

Tra gli allievi giudicati idonei al grado di Sottotenente i primi in graduatoria potevano aspirare, o venivano invitati, a prestare servizio quali istruttori presso la scuola, gli altri erano assegnati a un reparto per lo più operativo. Migliore era il piazzamento in graduatoria maggiore era la probabilità di venire assegnati ad una destinazione indicata tra le proprie preferenze.

Dopo una cerimonia collettiva in uniforme da ufficiale si veniva inviati in licenza straordinaria di fine corso, alla fine della quale, divenuta effettiva la nomina a Sottotenenti, si raggiungeva il reparto, rispettando la formalità di farsi precedere da telegramma con saluti di rito al comandante, alla bandiera e agli ufficiali inferiori costituenti la cosiddetta Calotta.

Con un nuovo giuramento dinnanzi al comandante iniziava ufficialmente il servizio di prima nomina.

È interessante notare che i vari corsi AUC seppero tramandarsi nel corso dei decenni variegate tradizioni, talune mutuate da quelle delle varie accademie militari, talaltre ispirate a quelle della “naja” di truppa, in una sintesi ove goliardia, nonnismo e addestramento al rispetto gerarchico erano talvolta difficilmente distinguibili.

Consuetudini, canti e gergo differivano tra gli AUC delle varie FF.AA. e delle varie Scuole d’Arma, spesso però con adattamenti o “prestiti” le une dalle altre. È il caso del tradizionale grido collettivo “Gheregheghez” dell’Aeronautica Militare, entrato in uso presso gli AUC della Scuola d’Artiglieria negli anni 80, al posto del più comune Hip hip Urrah.

Mutuata dalle Accademie la simbologia della “stecca” (intesa come accessorio per la lucidatura dei bottoni d’ottone delle uniformi storiche) sostituita da oggetti totemici spesso ben lontani, nella forma e nel significato, dall’originale, e che venivano passati in consegna al corso successivo. Infiniti gli scherzi, i rituali che segnavano le varie fasi del corso (quali la notte da taluni detta “la sporca” in cui al “Corso giovani” era consentito prevaricare sul corso anziani che si avviava a conclusione, rovesciando scherzosamente i ruoli).

Era consuetudine concludere ogni corso con la pubblicazione di un numero unico, riportante gli episodi salienti, le descrizioni caricaturali e le peculiarità d’ogni allievo e degli istruttori, altro materiale satirico, e, soprattutto, gli indirizzi per ritrovarsi.

Nel corso del servizio al reparto gli ufficiali di complemento espletavano una grande quantità di incarichi di supporto, spesso travalicanti il ruolo di comandante di plotone, sezione ecc. Sovente, per carenza di organici in SPE, dopo un periodo in posizione subalterna ad un sottotenente di uno o due corsi più “anziano” , al congedo del medesimo l’ufficiale gli subentrava nel ruolo di sotto-comandante in sede vacante della compagnia (o batteria o squadrone a seconda dell’Arma) con i compiti e le responsabilità di un Tenente in carriera. Si registrarono casi di Sottotenenti di complemento svolgenti il ruolo di comandante di compagnia (o batteria o squadrone) per la maggior parte del loro servizio di prima nomina.

Saltuariamente l’ufficiale di complemento rivestiva il duplice ruolo di ufficiale di Polizia Giudiziaria e Polizia Militare, analogo a quello dei pari grado nell’Arma dei Carabinieri, ad esempio durante il servizio di comandante della guardia a strutture militari e civili considerate obiettivi sensibili, quali depositi munizioni, centri di telecomunicazione, impianti radar ed altro, talvolta nell’ambito di operazioni di Ordine Pubblico (O.P.). E ciò richiedeva il rapido studio e apprendimento della normativa e legislazione al riguardo, solitamente non affrontata nei corsi AUC (salvo da coloro transitati nell’Arma dei CC). Il tutto sotto l’occhio severo dei colleghi di carriera, che spesso consideravano con una certa sufficienza (più o meno bonaria) i “nipoti” di complemento, vuoi per la minor durata dell’addestramento ricevuto, vuoi per la più giovane età se solo diplomati.

Come già accennato, la durata complessiva della “ferma”, superiore a quella della normale leva militare, cambiò nel tempo, fu per vari decenni di 18 mesi per l’Esercito e per l’Aeronautica Militare, divisi in 9 mesi di corso più 9 di “servizio di prima nomina”; mentre era di 18 mesi, divisi in 3 di corso e 15 di servizio di prima nomina, per la Marina Militare. Successivamente per Esercito ed Aeronautica fu ridotta a 15 mesi, divisi in sei mesi di corso (tre e mezzo per medici, odontoiatri, farmacisti, veterinari e ingegneri) più nove di servizio di prima nomina (undici e mezzo per i ruoli tecnici elencati prima), rimanendo invariati per la marina. Infine, sempre per esercito ed aeronautica, la ferma complessiva rimase di 15 mesi, ma contemplante 5 mesi di corso per l’Esercito e 3 mesi per l’Aeronautica e 10 di servizio di prima nomina.

Alla fine del servizio di prima nomina i sottotenenti ricevevano un giudizio dal Comandante del corpo (in parte ricavato dal giudizio del diretto superiore dell’ufficiale) di cui potevano leggere e firmare per presa visione solamente il sunto.

Da notare che anche nel corso del servizio da ufficiale di complemento, a fianco della normale disciplina, vigevano consuetudini di lunga data, quali le cene di Calotta, le bottiglie di alcolici offerte al circolo, a sconto di punizioni non comminate o di semplici sviste e distrazioni.

O ancora l’omaggio di un piatto decorativo in metallo pregiato con incisi i nomi degli ufficiali del corso che si stava congedando, a ringraziamento del “crest” che il Comandante di corpo offriva ai medesimi in ricordo del reparto.

E varie regole non scritte connesse all’anzianità di servizio, sulla cui base venivano assegnati i servizi meno grati e si organizzavano le licenze o le brevi assenze nel fine settimana senza autorizzazione formale.

All’appressarsi del congedo tutti i Sottotenenti di complemento, indistintamente, erano invitati dal loro comando a scegliere se limitarsi a completare il servizio di prima nomina, oppure concorrere per la “rafferma”. A questo punto la “carriera” militare dei quadri di complemento prendeva due strade diverse.

Per i congedanti il grado poteva rimanere a vita quello di Sottotenente, oppure, se dal giudizio del Comandante di Corpo risultavano almeno di normale affidamento, rientravano tra i candidati ad un futuro avanzamento al grado di Tenente, non prima di tre anni dal congedo, e in tal caso la nomina veniva notificato dal Comando del Distretto di appartenenza, con valore retroattivo. Ciò poteva aprire la strada a futuri richiami per aggiornamento / avanzamento, a discrezione dell’Autorità oppure su base volontaria, a seguito di richiesta scritta da presentarsi al Distretto con appositi moduli.

Il massimo grado conseguibile tramite ripetuti richiami in servizio era quello di Tenente Colonnello, come del resto per la maggioranza degli ufficiali in Servizio Permanente Effettivo (SPE) provenienti dal Complemento. Con la modifica del servizio militare e la graduale sostituzione della leva con volontari a ferma breve e volontari a ferma prolungata (di fatto professionisti), tali richiami si ridussero fino a scomparire, anche in considerazione del fatto che ufficiali con soli 15 mesi complessivi di esperienza (o pochi di più se precedentemente già richiamati), si sarebbero trovati, in caso di mobilitazione, ad inquadrare personale probabilmente più aggiornato e competente di loro.

Per i candidati alla rafferma, invece, l’accesso alla medesima mutò nel tempo. Inizialmente si poteva essere raffermati a tempo indeterrminato per i pochissimi posti, uno su 100, disponibili; oppure si poteva direttamente accedere al concorso in SPE. Successivamente, dagli anni ottanta, si poteva concorrere ad una rafferma di soli due anni, accessibile mediante concorso per titoli. Finiti i quali vi era la possibilità di tentare l’accesso in SPE mediante concorso.

La rafferma di due anni serviva, contemporaneamente, a sfruttare per più tempo l’esperienza di quadri già addestrati e ridurre il numero di nuovi corsisti, ma ebbe un effetto disastroso in termini di reinserimento lavorativo di quegli ufficiali che dopo quasi quattro anni di vita militare non avessero superato il concorso d’ammissione al SPE.

Terminato il terzo anno, ormai con il grado di Tenente, per l’arruolamento definitivo nel servizio permanente effettivo era necessario superare un concorso interno per titoli ed esami, a seguito del quale per un breve periodo gli ufficiali ex complemento venivano temporaneamente retrocessi al grado inferiore, per riallinearne la carriera a quelli provenienti dall’Accademia. Da ciò la consuetudine, per gli aspiranti al SPE, di non sfoggiare mai la seconda stellina prima del superamento del concorso, vuoi per scaramanzia, vuoi ad evitare che qualcuno potesse pensare ad una retrocessione sanzionatoria.

Dopo la differenziazione tra ruoli normali e speciali, sopravvenuta negli anni novanta del XX secolo, i vincitori di questi concorsi vennero assegnati ai ruoli speciali. Il cambiamento si sovrappose alla graduale abolizione della leva in genere, sostituita da professionisti, e alla costituzione della moderna Riserva di Completamento e Riserva di Completamento Qualificata (o Selezionata), e chiuse un’era: infatti mentre gli ufficiali di complemento provenienti dai durissimi corsi AUC erano visti come “ufficiali operativi”, il ruolo di Ufficiale della moderna riserva di Completamento è più virtuale che reale, mentre quello della riserva Qualificata/Selezionata, aperta solo ai detentori di lauree o di esperienze professionali particolari, è percepito in modo diverso, comparabile nell’ambito civile a quello di lavoro a chiamata, con contratto a progetto o a tempo determinato. La formazione prevede un brevissimo corso di addestramento formale e normativo, la nomina diretta a Tenente (o gradi superiori a seconda delle qualifiche) e brevi incarichi per esigenze contingenti, anche in scenari internazionali.Nella foto due famosi ufficiali di complemento che si meritarono la medaglia d’oro al V.M. e in più varie promozioni per merito di guerra. Il cap. Ruffo di Calabria e il Ten. Col. G. D’Annunzio.

Il Cap. Ruffo di Calabria
Il Cap. Ruffo di Calabria
Il Ten. Col. G. D'Annunzio
Il Ten. Col. G. D’Annunzio